La storia delle tre ranocchie e del mago Geltrudino – favola di Velise Bonfante ed Enrico Marzi, nonna e nipote,

C’era una volta un piccolo mago gentile che viveva felice e contento tra le montagne in una vallata con tanti fiori. Era un ometto tranquillo, piccolo di statura ma con lunghi capelli neri riccioluti che gli arrivavano fino alle spalle. Non si lamentava mai, aveva tutto ciò che voleva, quando desiderava qualcosa bastava facesse una magia con la sua piccola bacchetta magica e questa compariva. Soddisfava così la fame, la sete e ogni altro suo capriccio.

Gli piaceva tutta la sua verde valle ma il luogo dove trascorreva la maggior parte del suo tempo era un bel laghetto azzurro in una piccola radura nascosta dai pini. Incastonato sotto una roccia quelle acque chiare rispecchiavano il sole di giorno e la luna di notte. Quando Geltrudino voleva riposarsi si sedeva presso la riva,  ascoltava il canto dei grilli, il gracidare delle ranocchie, il cinguettare degli uccellini e guardava le nuvole bianche in cielo che assumevano le forme più strane.

Fu così che per caso un giorno, sdraiato accanto alle sue sponde, notò accanto a lui la tana di un topolino. La vide semplicemente perché un raggio di sole illuminò le tre gocce di rugiada impigliate sulla ragnatela all’ingresso.

Luccicavano come 3 perle e lui immaginò come sarebbe stato bello avere una casetta lucente fatta di tante perline. Pensò quindi come costruirla. Era un mago, bastava facesse una piccola magia e la casetta sarebbe apparsa già fatta e finita. Pensò alle dimensioni, al numero delle stanze, alle finestre, alle porte, alle sale ai corridoi e non seppe deciderne né la grandezza né come posizionare il tutto. Lui era un mago non un architetto.

Pensa e ripensa infine decise. Lui avrebbe gettato le fondamenta e pensato all’interno della casa. Per l’esterno avrebbe ingaggiato uno stuolo di ragni che con le loro ragnatele avrebbero costruito i muri esterni  e il tetto. In corso d’opera si sarebbe sicuramente reso conto meglio di come andava fatta, ricordiamoci che lui era un mago non un architetto.

Detto fatto.  Il luogo sarebbe stato proprio nel punto dove lui si era sdraiato, accanto alla porta del topino. Strappò un ramo da una pianta e tracciò sul terreno la grandezza e la lunghezza della casa. Quando gli parve della giusta misura batté tre volte le mani recitando una formula magica e chiamò a raccolta tutti i ragni del circondario.

 

 

Se ne presentarono a centinaia: grossi e piccoli, neri e gialli, panciuti e magri ma tutti desiderosi di conoscere la volontà del  piccolo mago gentile. Con poche parole Geltrudino spiegò loro cosa desiderava e tutti i ragni si misero subito all’opera.

A poco a poco la casa prese forma. Indicò loro dove lasciare lo spazio per le finestre e per la porta d’ingresso. Mentre la casa sorgeva, con la sua bacchetta recintò il giardinetto e vi fece sbocciare viole e primule colorate,  in un angolo dispose dei grossi e gialli girasoli, in un altro mise una pianta d’oleandro rosa e sotto dispose innumerevoli margherite bianche. Mise della ghiaia sul vialetto d’ingresso, e ai bordi ciuffi d’erica e di ciclamini profumati. Infine fece apparire un piccolo campanello al cancelletto. Eventuali visitatori lo avrebbero suonato per annunciare la loro presenza.

Mentre i ragni continuavano la loro opera lui, sempre agitando in aria la sua bacchetta magica, fece apparire una fontanella, un tavolo di legno con due sedie e sopra il tutto un  pergolato di glicine fiorito. Poi cambio idea e al posto del glicine fece sbocciare migliaia di stelline di gelsomino profumato.

Verso sera tutto fu pronto. La casetta apparve nella sua interezza. Il piccolo mago ringraziò i ragni e li congedò. Questi se ne andarono soddisfatti e lieti di aver fatto un piccolo favore al piccolo mago gentile. Mancavano però le gocce di rugiada. Geltrudino pensò se farle apparire con la sua bacchetta magica o aspettare che scendesse la notte.

Decise di aspettare, la casualità delle goccioline l’avrebbe resa ancora più bella. Aprì la porta d’ingresso ed entrò soddisfatto. La sua nuova casa era bella, funzionale. La cucina era ancora un po’ anonima, mancava un tocco personale, così con la bacchetta magica sul tavolo di legno scuro fece comparire un bel vaso di rose rosse, per le pareti ideò due quadri con frutta; e accanto al caminetto un bel calendario. Era importate ogni giorno sapere che giorno fosse. Non aveva fame perciò andò in camera e si sdraiò sul letto. Molleggiò un poco e poi l’allungò e l’allargò perché gli parve che ampio fosse più comodo. Fece apparire due lenzuola candide, una bella coperta rossa, due cuscini e si apprestò a dormire nell’attesa del mattino, della rugiada e dei raggi di sole.

Era la sua prima casa e ne fu soddisfatto anche se l’esterno, essendo fatto di ragnatele e gocce di rugiada era alquanto fragile. Si doveva solo stare un poco attenti a non toccare le pareti.

Dormì sodo tutta notte. Si svegliò all’alba al cinguettare allegro degli uccellini. Si rese subito conto che fuori c’era il sole. Mise (sempre con la bacchetta) due tendine alla finestra, un tappetino sotto i piedi e si alzò. Ancora in pigiama corse fuori per vedere la sua nuova casa.

Addobbata da migliaia di gocce di rugiada era bellissima. Unica in tutto il mondo luccicava e splendeva sotto un raggio di sole. Il piccolo mago gentile ne fu entusiasta. Accanto al tavolo in giardino fece apparire un pozzo con la carrucola ed un secchio. Nel secchio vi fece sbocciare dei gerani. Mise dei vasi di gerani anche alle finestre, raddoppiò le viole e le primule nel giardino, davanti alla porta d’ingresso sistemò un tappetino per pulirsi i piedi con scritto “Benvenuto”.

Gli parve ora che l’opera fosse completa. Si sedette in giardino per fare colazione e per ammirarla. Geltrudino fece apparire un bricco di caffè, due biscotti ai cereali, un cestello di fragole …

Bellissimo! Il piccolo mago gentile sorseggiando del succo di frutta contemplò la sua bellissima casetta luccicante sotto i raggi del sole. Avrebbe voluto condividere anche con altri la gioia di godere dello spettacolo per cui batté 3 volte le mani, recitò la formula magica e chiamò all’adunata i ragni che lo avevano aiutato.

Comparvero tutti e tutti si complimentarono con lui per la bella idea avuta. Arrivarono anche delle formiche, alcuni scoiattoli, un paio di volpi, 3 coccinelle e via e via…

Arrivarono gracidando anche tre ranocchie verdi, petulanti e scioccherelle osservarono senza vedere la bellezza della casetta del piccolo mago gentile. Proseguirono la loro strada con indifferenza, chiacchierando e calpestando le viole e le primule del giardino. Fatta di ragnatele e rugiada la casetta era molto fragile, bisognava stare molto attenti a toccarla, attenti a come muoversi per non rompere quelle pareti di luce.

Geltrudino e tutti gli altri animaletti rimasero impietriti nel vedere una delle tre ranocchie avvicinarsi saltellando alla casetta, tirare fuori la sua lunga lingua e catturare un moscerino impigliato sotto una finestra. Anche le altre due rane non furono da meno e in breve tutte e tre, con le loro tre lunghe lingue in cerca di moscerini, demolirono con indifferenza le ragnatele e di conseguenza la casetta.

Le gocce di rugiada caddero ad una ad una dissolvendosi. Tutti furono molto costernati e spaventati. I ragni gli si strinsero attorno cercando di consolarlo, avrebbero lavorato ancora e rifatto la casetta. Il piccolo mago gentile scosse la testa, gli veniva quasi da piangere… la sua bellissima casetta costruita con tanto amore distrutta in un attimo da tre stupide sciocche ranocchie.

L’ira lo accecò. La loro indifferenza, il loro poco rispetto per le cose altrui, il loro egoismo, la loro superficialità andava punita. Geltrudino prese la sua bacchetta magica e senza riflettere trasformò le tre ranocchie in tre sassi. Se n’andò senza più voltarsi indietro. Il piccolo mago cercò un’altra valle e un altro lago per  ricostruire la sua bellissima casetta luccicante.

Le rane rimasero pietrificate per sempre. E ancor oggi si possono osservare addormentate accanto al lago azzurro nascosto in una radura, sotto i pini accanto alle rocce. Ai loro piedi, osservando con attenzione fra l’erba, impigliate nelle ragnatele si possono ancor oggi vedere numerose gocce di rugiada risplendere come perle.

 

Sono i miseri resti della casetta del piccolo mago gentile.

 

 

 

 

 

 

 

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