Lo sciopero delle fate – favola di Velise Bonfante

Tutte le fate, in una bellissima notte di luna piena d’estate, si riunirono a convegno per decidere di incrociare le braccia, deporre la loro bacchetta magica e non compiere più magie. Andava tanto di moda lo sciopero che anche loro decisero di adeguarsi. Scioperavano tutti: treni, aerei, scuola, fabbriche, quindi anche loro avrebbero deposto la bacchetta magica.

Nessuno credeva più alle fate quindi meglio finirla: sciopero.

Solo la piccola Fata Celeste, pur non avendo l’esperienza delle altre, non voleva, non poteva credere che i bimbi non avessero più bisogno di un mondo incantato.

– No – le dissero le altre – i bambini al giorno d’oggi hanno altro cui pensare: robot, computer, videogiochi… di questo passo noi saremo dimenticate ben presto.

– Non è vero, non è possibile. – Fata Celeste ne era più che convinta, ma le altre insistettero:

– Guarda le bambine, vestono le loro bambole alla moda, secondo te, Barbie è una bambola?

– E’ un altro mondo quello di oggi – intervenne un’altra.

– Noi non esistiamo più

– Meglio sparire.

– Smetterla con la magia – le fatine erano in agitazione.

– No, guardate – Fatina Celeste fremeva – guardate là in fondo, in quel paesino sui monti, proprio in mezzo alla piazza, c’è un bimbo che piange!

– No, è una bimba.

– Sola di notte, povera piccola.

– Andiamo – dissero tutte in coro – ha bisogno di noi.

Le fate erano elettrizzate, dimenticarono lo sciopero e la bacchetta magica e accorsero invisibili in aiuto della povera bimba che aveva bisogno di loro. Ed ecco che Fata Turchese si trasforma in una vecchina zoppicante e si avvicina  alla bimba.

– Ciao piccola, come ti chiami?

– Lauretta… – e due lacrimoni le scesero dalle guance.

– Perché piangi Lauretta?

– Perché mi son fermata a guardare le stelle, mamma e papà non se ne sono accorti, hanno continuato a camminare ed io mi sono persa.

– Non temere, ti ritroveranno presto, nel frattempo, vuoi che ti racconti una bella favola?

– Davvero conosci una bella favola?

– Certo… c’era una volta…

A questo punto le altre fate, invisibili, si sparpagliarono per il paese, rammaricandosi la dimenticanza della bacchetta; ed ecco che Fata Festosa sente chiamare fra i singhiozzi:

– Lauretta! Lauretta mia… dove sei? – era la mamma disperata. Il padre cercava di consolarla sulla soglia di casa:

– Tranquillizzati, la ritroveremo, ora rifaccio la stessa strada da dove siamo venuti, tu resta qui nel caso arrivi da sola, e non piangere più.

Il padre si incamminò e Fata Festosa invisibile gli prese la mano e lo guidò, un po’ spingendo, un po’ tirando, un po’ soffiandogli nelle orecchie ” destra, destra, sinistra… destra ” finché l’uomo giunse alla piazza e vide la sua piccola. L’abbracciò felice:

– Lauretta mia, quanto sono stato in pena e anche la mamma, vieni piccola, vieni in braccio al tuo papà, torniamo a casa, avrai avuto tanta paura immagino?

– No papà, c’era una vecchietta a tenermi compagnia e mi ha raccontato una bella favola.

– Una vecchietta?

– Si, molto buona, assomigliava alla nonna – e Lauretta sbadigliò.

– Io non vedo nessuno…

Era inutile parlare, la bimba si era addormentata in braccio al suo papà, le fate invisibili danzarono loro intorno riaccompagnandoli verso casa. Poi fra frulli di veli e cappellini svolazzanti corsero a riprendersi la loro bacchetta magica.

Decisero che un po’ di magia era sempre necessaria a questo mondo.

Lo sciopero non si addiceva alle fate.

 

 

 

 

 

 

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