Irene e il Folletto – favola di Velise Bonfante

Irene aveva tentato invano di restare sveglia tutta la notte per vedere Fata Primavera all’opera. Già la immaginava con la bacchetta magica, un abito variopinto e leggero intessuto di petali di fiori, con colori e pennelli, aiutata da vivaci folletti dipingere i prati, i giardini, gli alberi ed il balcone della mamma.

L’indomani nell’aprire la finestra della sua cameretta vide il ciliegio fiorito e capì che Fata Primavera era già passata. Fata Gelsomino aveva compiuto il suo lavoro: aveva gettato le stelline bianche e profumate sul cespuglio che si arrampicava allegramente sul muretto di cinta. Respirò l’aria viva e fresca e sospirò a malincuore.

Il giardino era in festa, traboccante di fiori multicolori che prima non c’erano, però… le rose… le rose non erano ancora sbocciate. Mancava all’appello la Fata delle Rose! Risoluta prese una decisione, doveva assolutamente restare sveglia la notte successiva: non poteva perdere anche quest’ultima occasione. Avrebbe lottato contro l’omino del sonno affinché non le gettasse la polverina negli occhi per farla addormentare. Certo lei non lo avrebbe permesso a quell’omino piccino… col gran mantello nero!

Preparò il suo piano durante il giorno e la sera, dopo il consueto bacio della buona notte da parte di mamma e papà, Irene, gli occhi ben aperti, senza far rumore, scavalcò la finestra e si addentrò nell’oscurità.

Da principio la colse un senso di sgomento, attorniata com’era dal silenzio, poi spuntò la luna, avvolse il mondo con il suo chiarore e le mostrò la strada.

Oltrepassò il cancelletto del giardino, lo spinse cautamente per non farlo scricchiolare ed iniziò così la sua grand’avventura. Riconobbe l’ulivo dal tronco cavo e contorto che ogni mattina oltrepassava per recarsi a scuola. Povero ulivo malandato! Vecchio e triste, pareva quasi che piangesse talmente le sue foglie luccicavano. Irene ripensò al tepore del suo lettino e pensò di ritornarvi. Nel girarsi inciampò in un sasso e quasi cadde.

– Ahi, ahi!

– Chi è – chiese la bimba spaventata, chiudendo gli occhi.

– Ahi, mi hai fatto male – ripeté il sasso e soggiunse con una vocina sottile – Perbacco! Sta attenta a dove metti i piedi!

Irene timorosa aprì gli occhi e vide, al posto della pietra, un minuscolo ometto seduto sul terreno umido. Coraggiosamente chiese:

– Tu chi sei? E il sasso dov’è finito?

– Sono io, non vedi? Ora sono un folletto, spesso ci trasformiamo al chiar di luna e questo è l’ingresso di casa mia – indicò il tronco cavo dell’ulivo.

Fra le radici contorte quel buco nero sembrava proprio un ingresso.

Irene non sapeva se essere più spaventata o più curiosa, il folletto proseguì a parlare:

– Fra qualche ora, quando la luna sarà alta in cielo, non ci sarà più pericolo per me e finalmente potrò rientrare.

– Io posso venire con te?

– No certo!

– Perché non posso?

– Tu non dovresti essere a letto a quest’ora?

– Io sto aspettando la Fata delle Rose!

– Non viene stasera da queste parti, ha ben altro da fare, è occupata con il giardino del re – e soggiunse, vedendo il visetto deluso della bimba – forse domani. Lo sai che lei non può farsi veder da te? Se ci sei tu lei non viene.

– Voglio vederla, da grande voglio anch’io essere una fata…

– E’ difficile, quasi impossibile per te. Fare la fata è un mestieraccio, non è come immagini, loro sono sempre indaffarate, mai un attimo di riposo, un po’ qui e un po’ là, sempre di corsa, devono girare tutto il mondo, far felici tanti bambini… la Fata delle Rose poi è richiestissima ovunque.

– Voglio vedere almeno una fata. – Insisté caparbia Irene.

Il folletto sorrise:

– Vuoi vedere una fata? Non sai che già vivi in un mondo magico, in mezzo alle fate e proprio per i tuoi anni?

– Non è vero. Non conosco nessuna fata. – A stento trattenne le lacrime.

– Le conosci invece, vieni, mentre ti riaccompagno a casa te lo spiego.

– Non voglio tornare a casa. Voglio vedere le fate.

Indifferente alle sue proteste, le prese la mano e s’incamminarono.

Il folletto chiacchierava con una vocetta esile e persuasiva.

– Bambina cara, tu vivi in un mondo speciale, circondata dalla magia. Pensa ad esempio al telefono: dal filo esce una voce molto lontana. Alla televisione: solo schiacciando un bottone vedi immagini su di uno schermo. Alla radio: giri una manopolina e senti la musica. Credi a me, sei circondata dalla magia. E la tua nonna! Trasforma un gomitolo in un bel maglione, invece fra le mani della tua mamma, un pezzo di semplice stoffa diventa, come per magia, uno splendido vestito. La tua mamma, con ago e filo, ricama delle stupende tovaglie; oppure trasforma carote e finocchi in squisite insalate. Il tuo papà invece è un mago: con una chiave mette in moto l’automobile, con il cacciavite fa funzionare di nuovo il telecomando o il ferro da stiro rotto.

– È vero, è vero – lo interruppe Irene con entusiasmo sgranando gli occhi per la sorpresa di quella semplice constatazione – Lo ha proprio fatto! Allora è un mago!

– Certo, e un mago molto bravo anche, riesce a far quadrare lo stipendio… e poi, tua sorella maggiore…

– Luana?

– Certo, proprio lei, ti confido un segreto – mormorò’ il folletto a bassa voce – lei è una principessa!

– Una principessa ?! – La bambina era elettrizzata, ora capiva, comprendeva ogni cosa e volle dire la sua:

– La strega cattiva è la vecchia portinaia che caccia sempre via i gatti.

– Giusto. – Confermò il folletto.

– E Toby, il mio cagnolino?

– Un principino discolaccio e prepotente, trasformato in un bassotto per punizione. Verrà un giorno che se lui si comporterà bene, una giovane principessa lo bacerà sul naso e lui ritornerà quello di prima.

Irene era felice. Ad un tratto si ricordò di una cosa importantissima:

– E il principe azzurro?

– Sarà il bellissimo giovanotto che un giorno ti chiederà in sposa!

La bimba sorrise soddisfatta fra le coperte, nel suo lettino. Era felice, soddisfatta, il folletto aveva ragione, era tutto vero quello che aveva detto.

Allora perché lottare ancora contro l’omino del sonno? Lieta di quanto aveva appreso si addormentò felice. Quella notte Irene sognò principi, principesse, maghi e fate meravigliose vestite di raggi di luna.

Prima di sprofondare nel sonno l’ultimo suo pensiero fu:

– Devo dire a Luana di baciare Toby sul naso.

 

 

 

 

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